Il grande vantaggio che internet offre è quello di
consentire a tutti, anche a quelli che hanno timore di prendere l’aereo, di
viaggiare. Oggi infatti se si parla di navigazione si pensa prima di tutto ai
meandri della rete cibernetica piuttosto che alla bonaccia del vento che gonfia
le vele di un veliero nel mare. Spostarsi altrove o viaggiare ci piace
veramente un sacco, forse, andando a scavare, qualche scienziato in gamba
potrebbe persino trovare il gene touring-club
nel nostro dna. Questo fatto che ci appartiene fino al midollo delle ossa lo
possiamo verificare non solo osservando la nostra personale esperienza ma anche
andando a guardare quali sono le storie che maggiormente ci raccontiamo. Sono millenni
ad esempio che ascoltiamo le avventure di Ulisse e degli Argonauti, di Enea e
dei Greci in rotta verso Troia, tutte storie di viaggi che si sono arricchite
nei secoli di tanti altri racconti come quello di Dante, di Chaucher, di Marco
Polo fino ad arrivare a Chatwin che ci parla di un viaggio in Patagonia e
Pirsig che racconta la traversata dal Minnesota alla California fatta a cavallo
di una moto insieme a suo figlio.
Pensando
a tutto questo saremmo portati a considerare quanto grande sia l’uomo e il suo
desiderio di ricerca che lo spinge a inoltrarsi fino ai confini del mondo,
oltre le colonne d’Ercole anzi fino agli oscuri limiti dello spazio. Io però ritengo
invece che ci sia anche dell’altro, credo che tutta questa storia del forte
desiderio di conoscere e scoprire nuovi orizzonti sia in realtà una spiegazione
infiocchettata che diamo a noi stessi per dirci che in fondo non siamo poi così
male. Ora la realtà è che ogni storia per essere vera e non solo bella, ha
bisogno anche di un cattivo, di quel lato oscuro e misterioso che la trasforma
in un’avventura.
Il
desiderio di andare via e di mettere la bandiera su terre sconosciute viene secondo
me dall’impulso dell’evasore che ci
spinge a scappare e ad allontanarci non da un luogo ma da chi condivide la vita
con noi, ossia dalle persone che abbiamo accanto. Ma perché? Perché le persone
vicine ci sono terribilmente fastidiose, sono ingombranti, tanto ingombranti che
inevitabilmente mettono a soqquadro la nostra stanza ordinata. Possiamo pure considerare chi ci sta accanto
come un oggetto strambo, vedere la nonna come una mummia da museo o rappresentarci lo zio come l’uomo di Neanderthal. Ma tutti costoro che vorremmo
fossero semplici e innocui pupazzi da osservare come al teatro delle marionette
sono in realtà vivi e liberi, non se ne stanno fermi e buoni, ma prendono
iniziativa, invadono il nostro territorio e ci costringono ad ascoltare il
suono delle loro trombe che chiamano a raccolta le truppe per sferrare contro
di noi il loro attacco. Davanti a noi si
presentano due alternative: o accettare la sfida o darcela a gambe, scappare, andare via. La vita di
chi ci sta accanto è impegnativa perché è vitale, nel senso che è viva, imprevedibile,
ma anche nel senso che si può arrivare a pensare che chi ci sta accanto potrebbe
persino essere in grado di occuparsi di noi e questo è proprio difficile
digerirlo!
Nessun commento:
Posta un commento