Poco più di un mese è passato da quando ho salutato la
Tunisia, per me è stata la prima volta che ho messo piede nell’immenso
continente africano. Non passa giorno che la mente non ritorna alle grandi dune
del Sahara, quali dune? Ce ne sono di molti colori, le sfumature prendono le
tonalità del grigio, del rosso e del giallo, immense distese di sabbia, pare
che siano 9.000.000 km². Fatto sta che in questi giorni di studio, in cui la
testa dovrebbe essere occupata a leggere e a fare collegamenti, a ripetere e a
fissare nella memoria, mi capita spesso di ritornare nel deserto.
Non è vero che nel deserto non c’è acqua, bisogna cercarla;
non è vero che nel deserto non c’è vita, bagarozzi, scorpioni e vipere a quanto
pare in quei posti se la passano bene. Anzi, c’è di più, nel Sahara riesci persino
ad incontrare delle persone che vivono stabilmente lì o che attraversano quelle
immense distese con i dromedari o a bordo di una Toyota 4x4 come ho fatto io.
Il deserto ti conquista per un motivo che non ha nulla a che
vedere con le prove di resistenza fisica o cose del genere. Anzi se cerchi di
fare il duro il deserto ti mette all’angolo e ti manda al tappeto senza troppi
sforzi. Chi vive nel deserto non parla troppo, preferisce il silenzio, ha una
vista attenta e l’udito raffinato; è gente che non mostra di avere alcun tipo
di fretta perché è impegnata a confrontarsi continuamente con qualcosa di
immensamente grande che non è l’enorme distesa di sabbia rovente, ma è il
cielo. Si, proprio il cielo, perché il cielo è il costante interlocutore di chi
si trova nel deserto, è la presenza più ingombrante, la cosa che non puoi fare
a meno di osservare. Forse anche per questo è difficile vivere nel deserto,
alcuni ci hanno passato una vita intera, altri quaranta anni o quaranta giorni,
io dopo mezz’ora di camminata tra le dune ho dovuto riprendere la 4x4.